Talento e responsabilità: sono due ingredienti che non possono mancare nella proposta di un giovane brand che vuole affacciarsi sul mercato adesso. Sono questi brand, “nati sostenibili”, a rappresentare il cambiamento della moda, a segnare la strada, anche se con molte difficoltà.

Ne ho parlato nell’intervista di questo episodio con Sara Sozzani Maino, Vogue Italia Deputy Director Special projects, direttrice creativa della Fondazione Sozzani e International Brand Ambassador della Camera Nazionale della Moda Italiana.

Cos’è il design responsabile?

Il design responsabile riguarda la creazione di prodotti e progetti che abbiano un impatto negativo minimo sull’ambiente, che avranno una lunga durata e potranno essere facilmente riparati o riciclati. La progettazione responsabile non significa solo creare prodotti rispettosi dell’ambiente; significa anche creare prodotti che siano socialmente ed economicamente sostenibili. Qundi tenere conto delle esigenze di tutte le parti interessate, dalla filiera produttiva ai consumatori.

Tutto questo può essere ricondotto sotto il cappello della parola “consapevolezza”: per fare un design responsabile è fondamentale avere una profonda conoscenza del prodotto e delle modalità di produzione, conoscere tutti gli step, valutarli, mixarli. Spesso però non basta avere l’idea giusta per affacciarsi sul mercato e riuscire a rimanerci: per i brand indipendenti affacciarsi sul mercato e rimanerci non è per niente semplice.

Stare sul mercato in maniera responsabile, una sfida quotidiana

Il recente ritiro dal mercato del marchio americano Mara Hoffman, ha riaperto il dibattito su quanto sia difficile oggi essere uno stilista indipendente in un mercato che lascia poco spazio a modelli di business alternativi. Qualche giorno dopo la chiusura di Mara Hoffman, Vogue Business ha segnalato la chiusura anche dei brand Calvin Luo e The Vampire’s Wife.

Solo che Mara Hoffman non era un giovane brand: era sul mercato da 24 anni, con le sue creazioni responsabili, dal design pulito, con una grande attenzione ai materiali. Il Council of Fashion Designers of America ha assegnato a Hoffman il premio per la sostenibilità ambientale nel 2023 e l’ha definita “una pioniera nello spazio per espandere con successo un’azienda eco-compatibile”.

Nell’ottobre 2023, l’azienda di Mara Hoffman ha collaborato con la startup di riciclaggio tessile Circ per creare l’abito Nyssa, che è stato soprannominato “L’abito che cambia tutto” da entrambe le società. Realizzato in tessuto lyocell derivato al 50% da scarti tessili riciclati, l’abito ha avuto una produzione limitata di soli 35 pezzi. Il marchio di Hoffman dichiarò all’epoca che nei prossimi tre anni si sarebbe “impegnato a trasformare tutto il lyocell vergine nelle proprie collezioni in Circ lyocell”.

“Chiunque operi in questo settore, in particolare all’interno del movimento per la sostenibilità, sa che è stato tutt’altro che facile su così tanti livelli. – ha scritto la stilista sul sito, salutando il suo pubblico – Stiamo lottando da molto tempo per far sì che questa visione e questo modello funzionino in un settore che credo nel profondo del suo cuore voglia guarire e migliorare. Ma alla fine, la sua struttura è arcaica e non è mai stata costruita per dare priorità alla Terra e ai suoi abitanti”.

Si è scritto moltissimo in questi giorni su questo arrivederci. Mara Hoffman era arrivata a quel punto critico in cui una piccola impresa ha raggiunto il massimo che può fare e per andare avanti deve scegliere di strutturarsi in un una maniera diversa, aprendo le porte a modelli di gestione non più privatistica. Spesso è questo il momento in cui i valori del designer si perdono mentre invece la logica del business prende il sopravvento.

Avere un piccolo brand indipendente non è un’operazione semplice, si vive in una terra di mezzo, perché il mercato non aiuta le piccole iniziative. Si può essere piccoli solo per una fase di transizione, mentre si è impegnati a cercare di non affogare. Ma l’ambizione deve essere quella di essere grandi: altrimenti si è fuori dai giochi.

Cosa significa essere un piccolo brand

La mancanza di supporto, struttura e elevate barriere finanziarie rappresentano ostacoli significativi per i giovani designer di oggi. Non basta avere un bel progetto creativo, per stare sul mercato sono necessari i fondamenti aziendali essenziali richiesti per la produzione, il marketing, le vendite e la strategia di crescita. Solo un team con competenze diverse può  riuscire a restare a galla, in quella lunga fase “sink-or-swim stage“, per dirlo all’americana, la fase affoga o nuota. Un periodo complicato per arrivare all’affermazione che può durare anche qualche anno, necessari per raccogliere veramente i frutti del lavoro. Se va tutto bene. 

L’avvio di un marchio di moda richiede sostanziali investimenti iniziali nel design, nella produzione, nel marketing e nella distribuzione. Gestire il flusso di cassa è impegnativo, soprattutto quando si affrontano i cicli di produzione, la gestione delle scorte e le fluttuazioni delle vendite. Inoltre, stabilire e mantenere una catena di fornitura affidabile è complesso, poiché implica l’approvvigionamento dei materiali, la gestione delle tempistiche di produzione e la garanzia del controllo di qualità. Trovare una fabbrica disposta a produrre piccole quantità di capi di abbigliamento a prezzi ragionevoli è come trovare un ago in un pagliaio. Il marketing poi, è un altro costo significativo: per creare la propria nicchia, possono essere necessari migliaia di euro. 

Eppure, nonostante tutte queste difficoltà, il lancio di un marchio di moda consente ai designer di dare vita alla loro visione e creatività uniche, creando prodotti che riflettono il loro stile personale e la loro sensibilità artistica. La moda vive di innovazione e sono necessari giovani talenti per introdurre nuove prospettive e tendenze, influenzando potenzialmente il mercato più ampio. Se il settore fosse guidato esclusivamente da marchi storici, grandi gruppi e colossi del fast fashion, ci sarebbe poca innovazione e soprattutto la proposta sarebbe troppo standardizzata.

L’intervista a Sara Sozzani Maino

Non dimentichiamoci che ci vuole il talento, la visione: sono gli ingredienti fondamentali di un brand che deve nascere. Sara Sozzani Maino ha un vero talento nel riconoscere i talenti, perdonatemi il gioco di parole. Me lo ha raccontato nell’intervista. Buon ascolto.