E’ in arrivo l’EPR italiana per il settore tessile? E’ stato pubblicato sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica lo “Schema di decreto per l’istituzione del regime di responsabilità estesa del produttore per. la filiera dei prodotti tessili di abbigliamento, calzature, accessori, pelletteria e tessili per la casa”. La pubblicazione apre la consultazione pubblica che resterà aperta fino al 5 maggio, per raccogliere le osservazioni che potranno essere inviate dai soggetti interessati, attraverso un format disponibile sul sito del Ministero insieme al resto della documentazione.

Se ne parlava da tempo, gli addetti ai lavori vociferano che era imminente l’uscita del decreto, ma la tempistica sorprende: a luglio la Direttiva Europea sull’End of Waste andrà in seconda lettura e di fatto ogni normativa nazionale si dovrà adattare a quanto previsto dalla legislazione europea. Evidentemente il Ministero ha cercato di fare una corsa in avanti per rafforzare la propria posizione di fronte alle osservazioni che verranno presentate in sede europea.

Quali sono le novità più interessanti di questo documento? Innanzitutto si disegna un sistema inclusivo, che apre le porte dei consorzi che saranno chiamati a gestire il sistema anche agli attori della filiera, non solo a chi immette il prodotto sul mercato (i brand). Nella precedente proposta questo non era previsto e ha creato malumori. Tra l’altro il concetto di “filiera tessile” ai fini del decreto abbraccia il concetto di circolarità: viene definita come “catena in cui opera qualsiasi organizzazione economica e produttiva che svolge la propria attività, dall’inizio del ciclo di lavorazione al prodotto finito, nonchè svolge attività di raccolta, trasporto, selezione, preparazione per il riutilizzo, riutilizzo, riciclo, recupero e smaltimento a fine vita del prodotto stesso“. Però la responsabilità resta in capo al produttore, inteso come chi immette il prodotto sul mercato. Gli altri attori possono essere coinvolti nei Consorzi di gestione, ma mentre la partecipazione a questi organismi è obbligatoria per i produttori, per gli altri soggetti della filiera è facoltativa.

Il produttori devono farsi carico del sistema di finanziamento della raccolta differenziata dei rifiuti tessili post- consumo, coordinandosi con i Comuni e con gli altri soggetti coinvolti. Quindi i Comuni restano i soggetti deputati a svolgere questa attività e lo svolgimento di questo servizio immagino che dovrà essere supportato dai Consorzi. Anche la gestione delle fasi successive, dalla selezione, al riuso, riciclaggio e recupero, saranno finanziati dai produttori con il versamento di un contributo ambientale , che sarà stabilito sulla base del peso (non del numero) dei capi immessi sul mercato. I Consorzi potranno anche effettuare la raccolta selettiva dei tessili post-consumo (presso scuole, mercati, fiere, etc) e potranno gestire i tessili pre-consumo.

Inoltre i Consorzi dovranno occuparsi della comunicazione, informazione e sensibilizzazione al consumatore finale che dovrà imparare a fare scelte più consapevoli nelle proprie scelte di acquisto e l’allungamento della vita dei capi che indossa.

Il materiale raccolto, selezionato, preparato per il riuso, oppure per il riciclo, potrà essere immesso nuovamente sul mercato (a meno che non sia destinato alla termovalizzazione, se di scarsa qualità) ma non è chiaro come sarà stimolata la creazione di un mercato della materia prima seconda, fondamentale perché il sistema EPR funzioni. E’ chiaro che tutte queste attività dovranno essere gestite dai Consorzi, ma non è chiaro se e come questi materiali potranno essere immessi sul mercato e come verranno gestire le eventuali entrate.

Al paragrafo 7 dell’articolo 4 si chiarisce che “il contributo ambientale dovrà tenere conto delle prestazioni ambientali dei prodotti tessili, determinate dalla composizione materiale del prodotto, dalla complessità della composizione del prodotto, dall’uso di fibre riciclate nella fabbricazione del prodotto, dalla durabilità, dall’indice di riparabilità/riutilizzabilità/riciclabilità”. Qui sembra evidente il richiamo ad un’altra normativa europea che è ancora in fase di discussione, quella sull’eco-design, che sicuramente in una prima fase applicativa non coinvolgerà tutte le categorie di prodotti elencati nell’ambito di applicazione del decreto. Quindi l’Italia creerà un proprio sistema per coprire le eventuali lacune?

Sono infine fissati specifici obiettivi di raccolta differenziata dei rifiuti tessili post-consumo per l’avvio a preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e recupero, calcolati rispetto all’immesso sul mercato di prodotti tessili nei tre anni precedenti: almeno il 15% in peso entro il 2026, almeno il 25% in peso entro il 2030, almeno il 40% in peso entro il 2035.