Si avvicina il momento del cambio di stagione, ma prima di aprire gli scatoloni con le cose invernali, fatevi qualche domanda: quanti capi di abbigliamento avete nel vostro armadio? e quanti ne indossate con regolarità? Sono certa che avete l’armadio pieno di cose, ma che in realtà usate sempre le solite, come facciamo tutti. Se contate i capi che indossate più spesso, sono certa che la sfida lanciata da Courtney Carver non vi sembrerà così incredibile: indossare solo 33 capi di abbigliamento per 3 mesi. Questo significa che il guardaroba deve essere pensato, coordinato, ma anche enormemente alleggerito.

The minimalist, il documentario

Abbiamo troppo di tutto? Forse è questa la domanda che ci assilla dopo il lockdown. Chiusi nelle nostre case, abbiamo scoperto di essere sommersi dagli oggetti: cose che proprio nel momento del bisogno, quando avremmo avuto necessità di sentirci consolati da quell’accumulo, non ci hanno fatto sentire per niente meglio. Anzi, molti di noi si son scoperti a fare grandi pulizie, come se tutte quelle cose intorno a noi ostruissero anche la mente.

Ho visto il documentario “Minimalism” disponibile su Netflix: racconta dell’iniziativa di Joshua Fields Millburn & Ryan Nicodemus che hanno deciso di cambiare drasticamente il proprio stile di vita, rinunciando a carriere brillanti orientate solo a “fare soldi”. Hanno scritto un libro, “Minimalism” e hanno iniziato un tour di presentazione negli Stati Uniti che li ha portati alla creazione di un vero e proprio movimento.

Cos’è il minimalismo

Essere minimalisti non significa rinunciare a tutto e non fare acquisti: significa invece comprare solo quello che ci è necessario e ci rende felici. Se avere una collezione di farfalle ci rende felici, dobbiamo averla. “Il problema non è il consumo, ma il consumo obbligatorio, quello che ci si aspetta da te“, ci racconta un neuro-psicologo

L’eccesso non aiuta a stare bene: possedere una casa di 400 metri quadrati con 5 bagni per viverci in quattro persone non è utile né alla famiglia né all’ambiente. Così come possedere un SUV se non si vive in una zona di montagna: il documentario ci fa fare un viaggio tra gli eccessi del modello di consumo americano, raccontando le storie di tanta gente. Forse le nostre categorie di eccessi sono un po’ diverse, ma ci sono.

E’ stata la moda a contaminare anche gli altri settori con il modello di consumo “usa e getta”.

Se si pensa al concetto di moda, include l’idea che sia possibile buttare via un oggetto non quando diventa inutilizzabile ma quando perde il suo valore sociale o semplicemente quando non è più di moda

Scegliere di possedere meno cose significa anche avere più tempo per seguire le proprie passioni: secondo una ricerca statunitense la soglia della felicità è un reddito di 70 mila dollari all’anno. Tutto quello che viene oltre quella cifra permette di fare delle cose che però non sono essenziali. Il sistema italiano è diverso e non vale l’equazione “più lavori, più guadagni”, ma questo dato ci fa capire che può farci stare bene anche dare valore a beni immateriali e che la corsa al possesso non ci rende liberi.

Quantità e qualità: la moda diventa sostenibile

Scegliere di acquistare meno, necessariamente ci costringe ad acquistare meglio. Basta abiti di scarsa qualità, realizzati con prodotti scadenti e frutto del lavoro di una filiera che vive in condizioni di sfruttamento. Acquistare meno capi di abbigliamento significa dover valorizzare materiali e costruzione, dare valore alla qualità: un esercizio che tanti consumatori non fanno più, ma che potrebbe aiutare moltissimo anche il made in Italy, incapaci di competere in certe fasce di prezzo.

Sempre più spesso i brand nelle schede prodotto indicano anche lo modalità di cura del capo venduto, per garantirne un uso per più tempo possibile. Per non parlare di chi offre anche la possibilità di far riparare i capi, come Patagonia, pioniere in questo messaggio. Come dimenticare la loro pubblicità del 2011? Comprare meno significa comprare meglio, questo è innegabile

Il Progetto 333

Courtney Carver, dopo aver passato un periodo personale difficile, ha deciso di dover rimettere in discussione il proprio stile di vita. Ha iniziato a cercare di ridurre quello di cui aveva bisogno e ha scoperto che possedere 33 capi d’abbigliamento (compresi scarpe e accessori) può essere non solo una scelta di sostenibilità, ma anche liberatorio. Solo 33 capi per una intera stagione, che devono essere scelti valorizzando la qualità, ma anche la possibilità di integrarsi tra loro. Nasce cosi #project333. Se fare un giro su IG potrete vedere gli armadi ti tanta gente che ha deciso di accettare la sfida.

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Senza contare la necessità di avere un armadio più piccolo, ridurre le cose in meno spazio, perdere meno tempo la mattina per vestirsi. Abbracciare la filosofia di Courtney Carver è l’inizio di un viaggio: metti a dieta il tuo armadio e poi lentamente il cambiamento coinvolge anche il resto degli aspetti della vita. E’ da prendere in considerazione, anche se 33 capi sono una bella sfida.

Amate le persone e usate le cose