Sostenibilità significa anche inclusività: le proteste del “Black lives matter” hanno lasciato questa consapevolezza nelle migliaia di persone in tutto il mondo che hanno manifestato il proprio dissenso. Si può essere sostenibili e vantarsi, ad esempio, di ridurre il proprio consumo di acqua nella produzione se quegli stessi lavoratori che lavorano alla creazione di quel tessuto non hanno accesso all’acqua potabile? Se lo chiede Rachel Chernansky su Vogue Business.

Su Vogue Business si è parlato molto del ruolo dei black designer all’interno del sistema moda ed è emerso che hanno grossa difficoltà ad accedere al mercato e a inserirsi all’interno dei brand. Per non parlare delle difficoltà che incontrano quotidianamente e delle piccole e grandi discriminazioni che subiscono ogni giorno. Ma c’è anche chi, con fatica, sta cercando di rompere il tetto di cristallo che impedisce loro di emergere e tra poco vi segnalerò alcune esperienze da tenere d’occhio.

Dentro le aziende dove ci sono voci diverse, sia per genere che per provenienza culturale, il business si arricchisce anche di un contenuto di valori importante. Ci sono studi che dimostrano che una leadership diversificata porta benefici all’azienda sia in termini di maggiori rendimenti economici che anche con azioni più incisive a livello di scelte ambientali. Invece moltissimi brand sono lontani da fare reali politiche che vanno in questa direzione. Alcuni hanno inserito la figura del “manager per la diversità”, ma si tratta di ruoli privi di contenuto, se non sono supportati da adeguate strategie.

L’inclusione si riferisce alla necessità di abbracciare la diversità umana e garantire che più voci e prospettive siano coperte in entrambe le piattaforme micro e macro, come organizzazioni, comunità e intere società. L’inclusione consente a persone con background, abilità, credenze e valori diversi di collaborare a sforzi comuni mentre esprime la propria individualità e si sente apprezzata per i suoi contributi unici. Nel contesto della moda, inclusione significa anche coltivare un ambiente in cui più narrazioni e forme di espressione estetica possano prosperare fianco a fianco.

Glossario della Moda Sostenibile – Condè Nast

Quando l’inclusione aiuta il business: alcuni casi interessanti

I sostenitori del black sustainable fashion hanno indicato alcuni brand come esempi positivi di quello che sta accadendo nel mondo del fashion.

Ho trovato bellissima la filosofia che sta dietro MatterPrints, che reinterpreta i patrimoni tessili tradizionali delle varie zone del mondo, ricreando tessuti che raccontano una storia anche nel loro design. Naturalmente tutti i prodotti sono realizzati con materia prima di cui viene tracciata la provenienza. Le loro stampe raccontano una storia, parlando delle comunità rurali in cui sono nate e sono state pensate; all’interno del sito c’è anche una sezione dedicata ai tessuti e alle loro storie, una fonte infinita di creatività, che supera anche i trend della moda per recuperare un concetto diverso di autenticità. E i tessuti sono realizzati dalle comunità locali, naturalmente.

IKAT – MatterPrints

Un team che si compone di donne e uomini di provenienze diverse, ma che hanno in comune un obiettivo: sviluppare un brand “zero waste”. Tonlè è un brand che fa della diversità uno dei valori fondamentali della propria filosofia aziendale. Ogni fase della lavorazione viene gestita per ridurre al minimo gli scarti e i rifiuti, mappando con attenzione ogni fase del processo. Tonlè collabora con designer e produttori cambogiani, di cui si assicura le condizioni di lavoro equo e la promozione sociale.

E’ un team tutto al femminile quello di Proclaim, un brand di lingerie che realizza prodotti per donne di tutte le forme: è questa la caratteristica dei prodotti di Proclaim, che sono realizzati a Los Angeles con materiali sostenibili come il Tencel e il poliestere riciclato Repreve. Il loro brand è un inno a un concetto di bellezza che supera i normali paradigmi: sentirsi bene non è una questione di taglia.

Alcuni esempi di brand inclusivi nell’outdoor

Anche il settore dell’outdoor ha iniziato a muoversi in questa direzione. Ad esempio Girlfriend Collective, un’azienda guidata da un team di donne di provenienze culturali diversi, offre articoli che vanno dalla taglia XXS alla 6XL. L’obiettivo è offrire a ogni donna un outfit per le attività all’aria aperta. I loro prodotti vengono realizzati in stabilimenti certificati in Vietnam e a Taiwan, che sono direttamente controllati da loro. La materia prima delle loro produzione è tutta selezionata tra i materiali più innovativi che adesso si trovano sul mercato, da Econyl al Cupro.

Fino ad ora vi ho segnalato brand gestiti da donne producono abbigliamento per le donne: Outdoor Voices produce anche una collezione maschile molto interessante. Il marchio punta tutto sul messaggio positivo :”il movimento genera endorfine e le endorfine ci rendono felici”. Quindi Outdoor Voices cerca anche di contagiare gli acquirenti con la gioia legata alle attività sportive. In questo caso la grande attenzione al tema dell’inclusione è concentrata sul movimento LGBT: ogni anno il marchio organizza un “Pride”, che quest’anno sarà virtuale. Naturalmente una grande attenzione nella costruzione dei prodotti viene dedicata al tema della sostenibilità: le parole d’ordine sono longevità e circolarità.

Finisce qui questa carrellata di brand “orgogliosamente inclusivi“, tutti di origine statunitense, perché questi nomi sono venuti fuori nel dibattito che in questi giorni si sta sviluppando intorno a questo tema. Sarebbe interessante anche mappare i brand italiani che si stanno muovendo in questa direzione, perché sono certa che ce ne sono. Me ne segnalate qualcuno?