Parlare di innovazione tessile significa esplorare un mondo affascinante fatto di ricerca, contaminazioni tra settori, nuove soluzioni, che possono ridurre drasticamente l’impatto della produzione. L’innovazione segue due strade: il rinnovamento dei processi, con nuovi macchinari e tecnologie innovative, oppure la ricerca di agenti chimici meno impattanti, spesso di origine biobased. In questo episodio del podcast troverete una carrellata di innovazioni, che si concludono con l’intervista a  Giorgia Carissimi, responsabile del centro di ricerca Albini Next.

L’innovazione nei processi

Quando si parla di responsabilità ambientale nella moda nella maggioranza dei casi l’attenzione si concentra sull’uso dei materiali. La materia prima assorbe l’attenzione, perché è più semplice fare storytelling su un materiale o una fibra, è più immediato. Ci troviamo così a seguire affascinati le storie di materiali nuovi che hanno le origini più diverse e che ci danno l’impressione che si stia lavorando per ridurre l’impatto della produzione. La verità è che questo non basta.

La scelta accurata dei materiali rappresenta solo una parte delle azioni che devono essere messe in campo per ridurre davvero l’impatto ambientale della produzione: sono i processi di lavorazione e l’introduzioni di una nuova generazione di agenti chimici l’altra grande sfida.

Durante la fase di lavorazione, le fibre, i filati, i tessuti o gli indumenti attraversano più passaggi per raggiungere le prestazioni e le proprietà estetiche desiderate dai marchi e dai loro consumatori. Questi passaggi possono essere classificati in trattamenti di preparazione, colorazione e finissaggio. Generalmente si tratta di processi a umido, che utilizzano molta acqua, spesso mantenuta a temperature elevate, accompagnata da sostanze chimiche, che poi devono essere rimosse con i lavaggi.

Ed è proprio qui, nei processi di produzione, che stanno avvenendo cose molto interessanti, con l’introduzione di macchinari, tecnologie e ausiliari chimici che sono in grado di ridurre la quantità di energia consumata, le emissioni, l’acqua utilizzata e con la sostituzione di chimici meno impattanti.

Una rivoluzione che necessita di investimenti, anche importanti, per essere attuata ma che può garantire risultati interessanti. Se avessimo i dati sull’età media del parco dei macchinari tessili italiani, potremmo capire quanto è ambiziosa questa sfida anche per il nostro Paese. Io questi dati non li ho trovati, però.

La sfida: passare dai processi a umido a quelli a secco

Il primo obiettivo quando si parla di riduzione dell’impatto dei processi è quello di passare da processi a umido a processi a secco: questo significa ridurre drasticamente il consumo di acqua, ma anche di energia. Sempre più spesso alle aziende della catena di fornitura viene chiesto di dichiarare il quantitativo di acqua ed energia usati nei processi, perché sono dati importanti da monitorare per garantire la misurazione degli impatti. Ci sono nuove tecnologie che permettono di ridurre l’uso di acqua, energia, ausiliari chimici. Molte di queste sono in evoluzione, ma sono già in uso.

In generale le principali innovazioni si muovono in due direzione: possono coinvolgere i macchinari oppure possono essere relative alla chimica, con soluzioni meno impattanti e spesso bio-based.

Le nuove tecnologie per la colorazione

Coloranti e pigmenti naturali, provenienti da fonti come alghe e piante, esistono da secoli ma sono stati trascurati dall’industria della moda a causa delle prestazioni inferiori e della gamma di colori limitata e prezzi più alti rispetto ai coloranti sintetici. Ma adesso nuove colture, estrazioni e applicazioni possono superare queste barriere e rendere i coloranti e i pigmenti naturali utilizzabili anche per quantitativi maggiori. Con due vantaggi: allontanarsi dalla chimica sintetica e abbracciare la circolarità, grazie all’utilizzo di piante, alghe o rifiuti, Innanzitutto dobbiamo avere chiara qual è la differenza tra un colorante e un pigmento: i coloranti sono solubili in acqua e quindi possono penetrare in un materiale e rimanere al suo interno, mentre i pigmenti sono insolubili in acqua, come la sabbia, e devono essere dispersi in un legante e applicati alla superficie del materiale.

PIGMENTI A BASE DI ALGHE

E’ d’obbligo una premessa: ci sono le microalghe e le macroalghe. Le microalghe sono microrganismi unicellulari, che vivono in ambienti salini o d’acqua dolce, che convertono la luce solare, l’acqua, i nutrienti e l’anidride carbonica in biomassa. Le macroalghe sono attaccate al fondo del mare. Vengono utilizzare per l’industria tessile ma anche per la produzione di biocarburanti, cosmetici e fertilizzanti per il suolo.

Algae Farm fields- Living Link
  • Living Ink trasforma il materiale di scarto delle microalghe in un composto a base biologica che può sostituire il petrolio derivato dal carbone. Il pigmento è nero corvino e stabile ai raggi UV. Può essere utilizzato per la serigrafia su cotone, cellulosici, misti, pelle e poliestere. La Nike ha utilizzato questo tipo di colorante per una collezione di t-shirt la scorsa estate
  • Algaeing utilizza microalghe per produrre coloranti e inchiostri in un sistema chiuso che può essere utilizzato con i macchinari esistenti. Può essere utilizzato per tingere e stampare tutti i tipi di fibra. Algadye 3.0 è la formulazione colorante a base di alghe, biodegradabile al 100% e che essere applicata su tutti i tipi di tessuti; sintetici, naturali e proteici.

PIGMENTI A BASE DI SCARTI DI LEGNO

Nature Coatings trasforma i rifiuti di legno certificati FSC in pigmenti neri a costi competitivi. Sono facili da usare con le apparecchiature esistenti e le formule a base d’acqua. I pigmenti 100% bio-based possono essere utilizzati per la stampa serigrafica su cotone, cellulosici, misti, pelle e poliestere.

PIGMENTI MICROBICI

Sono presenti in natura negli organismi o coltivati artificialmente in OGM. Una volta identificato il microbo presente in natura o quello geneticamente modificato vengono moltiplicati attraverso la fermentazione alimentandoli con zuccheri e altra materia prima. Dopo questo processo i pigmenti vengono estratti per essere utilizzati nei tradizionali processi di tintura. I pigmenti microbici possono sostituire i pigmenti sintetici.

  • Colorfix utilizza la tecnologia dei pigmenti microbici per produrre, depositare e fissare il colore sui tessuti. Invece di estrarre il colorante dai batteri, un processo costoso Colorifix utilizza il brodo in cui i batteri vengono fermentati come liquore colorante. La tecnologia può essere utilizzato per tingere tutte le fibre e le miscele di fibre.

PIGMENTI DA CATTURA DI CARBONIO

Trasformare le emissioni di carbonio degli inquinanti industriali in prodotti di livello industriale: usare il carbonio catturato come materia prima significa contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra.

  • Graviky Lab, indiana, ha creato AIR-INK®, una gamma di inchiostri e pigmenti realizzati con emissioni di carbonio. Il pigmento nero può essere utilizzato per diversi processi di stampa come serigrafia, sublimazione e digitale.

COLORANTI RICICLATI

Possono essere prodotti creando una finissima polvere cristallizzata dal tessuto o dal cascame, recuperando chimicamente coloranti da cascami di moda e tingendo i tessuti con questi materiali. L’utilizzo di rifiuti tessili come materia prima riduce la quantità di chimica sintetica utilizzata e consente un processo più circolare.

  • Officina 39, biellese, ha creato Recycrom una linea di coloranti creata dalla lavorazione di indumenti usati, materiale fibroso e scarti tessili ricavato da fibre cellulosiche in una polvere finissima con cui tingere. Il colorante può colorare qualsiasi cellulosico e fibra naturale e poliammide. Li ho intervistati nell’episodio 59 del podcast.

I processi innovativi

PLASMA

Passiamo adesso ai processi e partiamo dal plasma, il quarto stato della materia, che si forma quando il gas viene ionizzato e diventa più reattivo. Quando questa forma ionizzata di gas viene applicata a una superficie come un tessuto, è in grado di alterarne le proprietà, ad esempio attivandone la superficie, rimuovendo le impurità, depositando un rivestimento. È una tecnologia senz’acqua, ha un basso consumo energetico e non produce reflui.

  • GRINP è un’azienda che ha sede a Torino (e che è stata protagonista dell’episodio 27 del podcast, all’inizio della loro avventura). Sviluppa e produce macchine utilizzando la loro tecnologia proprietaria al plasma atmosferico. Recentemente ha sviluppato un processo rivoluzionario per la preparazione senz’acqua del cotone, che permette anche di risparmiare energia ed ausiliari chimici. Il processo industriale di preparazione senz’acqua di Grinp parte dal tessuto greggio e combina diverse innovazioni tecnologiche. L’acqua utilizzata viene purifica e reintrodotta nel ciclo di produzione.

OZONO

L’ozono è una forma alternativa di ossigeno e un forte agente ossidante, può essere utilizzato per pulire/sbiancare l’indumento. E’ più efficace se utilizzato all’interno di una lavatrice per evitare la fuoriuscita di gas. Alla fine del processo, l’eventuale ozono rimanente viene riconvertito in ossigeno. Il pretrattamento e la finitura con ozono riducono il consumo di acqua, sostanze chimiche ed energia e di conseguenza c’è anche meno effluente. L’ozono è spesso usato per rifinire i jeans: ci sono notevoli vantaggi in termini di prestazioni che permettono di ottenere la giusta tonalità di blu più velocemente e con costi inferiori.

LASER

La tecnologia laser è più comunemente utilizzata come alternativa alla raschiatura manuale nella produzione di denim; può essere utilizzata anche per creare effetti vintage, baffi, motivi, toppe e persino buchi e strappi intenzionali. Utilizzato in combinazione con altre tecnologie come l’ozono, può sostituire le tradizionali processi come la sabbiatura e lo sbiancamento che sono pericolosi per la salute dei lavoratori.

  • Jeanologia è un’azienda spagnola che opera in questo campo da tempo e con successo. Utilizza ozono e tecnologie laser per i propri processi

Chimica Green

Sono stati fatti dei grandi passi avanti per andare nella direzione di una chimica più sostenibile ma ci sono ancora delle sostanze dannose che sono presenti sul mercato, in attesa di trovare dei sostitutivi efficaci. La ricerca per trovare queste alternative si sta orientando anche nella direzione di individuare formulazioni a base biologica.

TRATTAMENTI ENZIMATICI

Gli enzimi possono essere usati per modificare il tessuto e per farlo diventare più ricettivo ai coloranti. Possono essere utilizzati sia nel pretrattamento che nel finissaggio. È una soluzione più sostenibile che consente di risparmiare acqua, tempo ed energia, oltre ad avere una riduzione dell’uso di sostanze chimiche nocive che migliora la sicurezza dei lavoratori.

  • Novozymes produce e sviluppa soluzioni biologiche per tessuti, compresa la purga enzimatica come la biopreparazione o bioscouring. I prodotti di questa grande aziende sono realizzati anche in ottica di economia circolare e ci sono sostanze che permettono di allungare la vita delle fibre. Le soluzioni di biolucidatura aiutano i tessuti a maglia in cotone a mantenere i colori vivaci e la superficie liscia, anche dopo 30 lavaggi.

Chi finanzia l’innovazione

Investire in nuove tecnologie è costoso. L’investimento ricade spesso sulle aziende della catena di fornitura, ma sono anche i brand che beneficiano dell’innovazione.

Sempre più spesso brand e produttori firmano lettere di intenti, che includono l’impegno del marchio ad acquistare un certo numero di prodotti realizzati utilizzando la nuova tecnologia. Oppure collaborazioni recenti includono un innovatore, un produttore e un brand che investono congiuntamente in una nuova macchina attraverso una struttura di joint venture. Il macchinario è installato presso il produttore che fa parte della JV.

Ci sono tanti fondi del PNNR in arrivo oltre a quelli dei bandi europei che hanno la transizione sostenibile del settore moda come priorità. L’importante è farsi trovare preparati, con ‘l’idea giusta e l’eventuale macchinario già selezionato. Il bando deve finanziare il vostro progetto, non dovete fare un progetto per rispondere al bando, altrimenti rischiate di fallire.

L’intervista a Giorgia Carissimi, responsabile di Albini Next

Il Gruppo Albini ha creato Albini Next  ed ha abbracciato da anni il concetto di open innovation. Giorgia Carissimi, la responsabile del centro di ricerca, in questa intervista mi ha portata alla scoperta delle cose sulla quali stanno lavorando. Vi anticipo che mi sono innamorata della fermentazione! Buon ascolto

 

Cover photo credit: Albini Next/Exteria