Si chiamano deadstock e sono quelle grandi quantità di tessuti e capi invenduti che sono il segno più evidente di uno dei mali del modello di business attuale della moda: la sovrapproduzione. Un problema che con il Coronavirus diventerà ancora più evidente. Ci sono dei designer che però trasformano in ricchezza quello che per altri è scarto: è la magia dell’upcycling. Un tipo di moda che sta tra il lusso e il second-hand, prodotto in tirature limitate a volte su misura: tutti ingredienti che ne aumentano il fascino. Ne parlo nell’intervista di questo episodio con Rafael Kouto, uno dei designer più interessanti nel panorama dell’upcycling in questo momento.

Il problema della gestione dell’invenduto è sull’agenda dei brand da diverso tempo: tra tessuti non utilizzati, prototipi e campionari, vestiti che rientrano dai negozi e vestiti che i negozi non li raggiungeranno mai perché frutto di una scommessa sbagliata, il volume di scarti che il sistema moda produce è davvero enorme. Un paio di anni fa alcuni brand furono “sorpresi” a incenerire i propri abiti, con evidente danno ambientale. Da allora queste masse di abiti, accuratamente censiti, sono custoditi in grandi magazzini nell’attesa di essere utilizzati.

Non è così facile riciclare un abito: perché il processo sia fattibile e conveniente è necessario che i capi siano costruiti seguendo alcuni accorgimenti che rendono semplice smontarli e suddividere i vari componenti a seconda dei materiali che li compongono (ne abbiamo parlato nell’episodio 3 “Eco-design per la moda: la sfida dell’economia circolare

Cosa succederà con la gestione degli invenduti di questi mesi?

Una situazione destinata a peggiorare con il CoronaVirus. Ormai ogni giorno leggiamo notizie e numero poco incoraggianti sui volumi di invenduto che i brand si troveranno a dover gestire. Qualche giorno fa Francesco Tombolini, presidente della Camera dei Buyer italiana, ha lanciato la proposta provocatoria di riutilizzare nella primavera 2021 gli abiti che non sono stati venduti nella stagione 2020, di fatto mai usciti dai magazzini. La soluzione non potrà essere questa, ma qualcosa dovrà essere escogitato.

L’Upcycling: da scarto a risorsa, grazie a una dose extra di creatività

I designer che lavorano nel campo dell’upcycling cosa fanno? reinterpretano materiali che per altri sono scarti ma che per loro sono vera e propria ricchezza. Abiti invenduti, prototipi, tessuti, prove di colore: sono la materia prima che stanno alla base del processo creativo. Questi materiali vengono smontati, riassemblati, colorati, arricchiti con ricami o cuciture particolari: alla fine si arriva così alla creazione di abiti e accessori unici. Uno dei designer più noti in questo campo è Cristopher Raeburn, ma è interessante anche l’esperienza di Avavav, che dalla sua sede fiorentina produce pezzi unici per donne che cercano stile e sostenibilità.

Ma dove si trovano i tessuti per l’upcycling?

Per un designer di un piccolo brand avere la possibilità di trovare tessuti di qualità a prezzi ridotti e in quantità minime è una grande opportunità. Per loro uno dei maggiori ostacoli alla creazione delle collezioni è proprio l’acquisto dei tessuti: le aziende produttrici richiedono dei minimi di produzione che per un piccolo brand sono spesso troppo alti e che li costringe a pagare dei sovrapprezzi. Negli USA due esperienze interessanti sono quelle di Queen of Raw e di FabScrap, anche se hanno due obiettivi diversi. In Europa la svedese Recotex mette a disposizione tessuti che provengono solo da marchi sostenibili: materiali di scarto creati quindi producendo un impatto ridotto. (Dovrete ascoltare il podcast per saperne di più!)

Rafael Kouto: quando l’upcycling diventa alta moda

Protagonista dell’intervista di questo episodio è Rafael Kouto, un giovane designer svizzero. Ha collaborato con importanti brand come Alexander McQueen, Maison Martin Margiela and Carven; la sua ultima collaborazione è stata con Lotto. L’ho visto al lavoro e ho capito come possa essere complesso reinterpretare qualcosa che da tutti è ritenuto uno scarto per creare un oggetto di valore.

Qualche mese fa è venuto a Prato grazie a LottoZero e al loro progetto “Make it here”. Siamo andati alla Beste, una delle poche aziende in Italia che hanno al loro interno l’interno ciclo di lavorazione, dal tessuto greggio al capo finito: Rafael ha controllato nelle ceste dei materiali di scarto della lavorazione dei greggi, della tintoria, dei campioni, dei prototipi di capi. Ha scelto il suo materiale e ha creato tre outfit molto particolari, che potete vedere sul sito di Lottozero. Ho capito cos’è la magia dell’upcycling.

Ascoltate l’intervista