Se ne parla poco, anzi per niente: eppure la Commissione Europea sta portando avanti una revisione della normativa tessile che avrà un impatto fortissimo sul settore e già in autunno sarà adottata dalla Commissione la “EU Strategy for sustainable textiles“. La nuova regolamentazione andrà a toccare tutti i temi cruciali per il tessile e la moda: l’economia circolare, l’eco-design, il riciclo, il greenwashing, la responsabilità del produttore, la gestione degli stock, i nuovi modelli di business e molti altri aspetti. Fino al 4 agosto è aperta la consultazione pubblica, con la quale aziende e organizzazioni possono esprimere il proprio parere sulle azioni che verranno intraprese dalla Commissione: ho compilato il (lungo) questionario e mi sono trovata in difficoltà, perché tutte le azioni previste sono necessarie. Ma tra lo stabilire un principio e poi vederlo applicato in una normativa c’è una bella differenza: riuscirà la Commissione a cogliere tutti quegli aspetti tecnici che rendono speciale il tessile? Perché questo è un settore fatto di “nicchie”, di lavorazioni particolari, che una normativa sbagliata può mettere in seria difficoltà. Perché in Italia non si sta parlando di quello che sta accadendo in Europa e che avrà un forte impatto sul nostro lavoro?

EU Strategy for Sustainable Textiles: cos’è

La Strategia Europea per il tessile sostenibile ha come obiettivo quello di accompagnare la transizione del settore verso l’economia circolare e climaticamente neutra, facendo della crisi post-Covid una occasione per innovare profondamente il settore. I nuovi prodotti dovranno essere più durevoli, riutilizzabili, riparabili, riciclabili ed efficienti dal punto di vista energetico.

Vi faccio un quadro generale. Stiamo parlando di un settore che, secondo gli ultimi dati disponibili, impiega 1,5 milioni di persone, distribuite in oltre 160.000 aziende nell’UE, la maggior parte delle quali sono PMI, con un fatturato annuo dell’UE di 162 miliardi di EUR nel 2019. Gli europei consumano in media 26 kg di prodotti tessili per persona all’anno, con una quota significativa di questi provenienti da paesi del terzo mondo. Ogni capo viene utilizzato per un periodo breve, con il conseguente scarto di 11 kg di tessuti per persona all’anno. Il consumo di tessili è il quarto settore con il più alto impatto più alta nell’UE in termini di utilizzo di materie prime primarie e acqua (dopo cibo, abitazioni e trasporti) e la quinta per emissioni di gas serra. Solo l’1% dei tessuti viene riciclato in nuovi tessuti: la presenza di sostanze pericolose ostacola il futuro riciclaggio di alta qualità e inquina l’acqua e il suolo, mentre i tassi di raccolta dei rifiuti tessili e le capacità di riciclaggio sono da bassi a medi nell’UE. Per non parlare del fatto che la maggioranza degli abiti acquistati in Europa sono prodotti in altri Paesi, con il relativo impatto sociale e ambientale di queste attività.

Le lunghe catene produttive, che si snodano in Paesi diversi, rendono necessaria una uniformità legislativa difficile da raggiungere: adesso la Commissione mira innanzitutto a uniformare la legislazione interna alla UE e giù questo non è una cosa semplice. Le normative nazionali, che spesso prendono in considerazione specificità produttive o realtà distrettuali specifiche, sono destinate ad avere sempre meno importanza, in un settore che necessità di una forte armonizzazione.

Alcuni temi trattati

Sono previste azioni per adeguare l’ecosistema tessile all’economia circolare, affrontando i punti deboli in materia di produzione sostenibile, stili di vita sostenibili, presenza di sostanze pericolose, miglioramento della raccolta e riciclaggio dei rifiuti tessili negli Stati membri e sviluppo delle capacità e delle competenze.

Arriveranno tanti finanziamenti per sostenere la transizione verso stili di vita più sostenibili, incentivando nuovi modelli di business. Verrà rispolverata l’Ecolabel UE, la certificazione volontaria che non ha mai fatto breccia nel mondo della moda. Sarà inoltre preso in considerazione il ruolo della responsabilità estesa del produttore nella promozione di tessili sostenibili e il trattamento dei rifiuti tessili in conformità con la gerarchia dei rifiuti e sarà sostenuta l’attuazione dell’obbligo giuridico di introdurre la raccolta differenziata dei rifiuti tessili entro il 2025.

Infine, l’iniziativa esplorerà come rafforzare la protezione dei diritti umani, la due diligence lungo le catene del valore, compreso il miglioramento della tracciabilità e della trasparenza. E toccherà anche la comunicazione verso i consumatori e il greenwashing.

Chi può partecipare alla consultazione pubblica

Fino al 4 agosto è possibile partecipare alla consultazione pubblica: le parti interessate includono tutti gli attori del settore, tra cui i produttori di fibre, filati, tessuti o abbigliamento, PMI e aziende globali, fornitori, rivenditori, fornitori di servizi, raccoglitori, selezionatori, riciclatori, centri di ricerca e innovazione e altre parti interessate come autorità pubbliche, consumatori e associazioni di consumatori o società civile.

Potete dare il vostro contributo cliccando qui

Troverete una lunga lista di azioni, tutte interessanti, da mettere in ordine di importanza. Per me sono tutte belle azioni, ma, come dicevo, condiviso l’obiettivo, resta da capire come viene raggiunto. C’è anche uno spazio per dare la propria opinione.

Generalmente il tasso di risposta italiano a queste consultazioni è sempre molto basso: ci comportiamo come se quello che viene deciso in Europa sia poco impattante per noi, invece spesso ha una portata sconvolgente. E’ importante far sentire la propria voce, magari anche entrando in contatto con i parlamentari europei per capire meglio il contenuto specifico delle normative.

Quando si parla di produzione moda, è l’Italia a vantare una catena produttiva e manifatturiera importante a livello Europeo: per questo è importante che le imprese e le organizzazioni italiane facciano sentire la propria voce. La Strategia per il tessile sostenibile riguarderà tutta l’Europa, ma noi dovremo farci i conti più di altri Paesi, con le nostre aziende produttive.

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