Tutti i numeri sull’impatto del consumo di tessili in Europa in nuovo studio: la circolarità è l’unica soluzione possibile

La pandemia ci ha cambiato, abbiamo rivisto le nostre abitudini, abbiamo iniziato a fare scelte diverse: quante volte ho sentito e letto discorsi di questo tipo. A quanto pare non è proprio andata cosi: siamo sempre degli ottimi consumatori, a cambiare sono state solo le nostre preferenze di acquisto, anche a causa della situazione contingente. Ma di tutto quello che consumiamo, l’80% dell’impatto ambientale viene registrato in altre parti del mondo, a causa della globalizzazione delle filiera produttiva. Secondo uno studio della European Enviroment Agency dal titolo “Textiles and the Environment – The role of design in Europe’s circular economy” , nel 2020 il consumo medio di tessili pro capite è stato di 15 chili per abitante: 6,0 kg di vestiti, 6,1 kg di tessili per la casa e 2,7 kg di scarpe nel 2020. Solo le scarpe hanno avuto un calo non trascurabile. Rispetto al 2019 è leggermente diminuito il consumo di abiti, ma è aumentato quello di tessili per arredamento.

https://www.eea.europa.eu/publications/textiles-and-the-environment-the/textiles-and-the-environment-the

Quando vale il settore tessile in Europa

Nel 2019, il settore tessile e dell’abbigliamento dell’UE ha realizzato un fatturato di 162 miliardi di euro, dando lavoro a oltre 1,5 milioni di persone in 160.000 aziende. Come in molti settori, tra il 2019 e il 2020 la crisi del COVID-19 ha ridotto il fatturato del 9% per il tessile nel suo insieme e del 17% per l’abbigliamento.

Nel 2020, il consumo di tessili in Europa si è posizionato al quarto posto tra quelle di maggiore impatto sull’ambiente e sui cambiamenti climatici dal punto di vista del ciclo di vita globale. È stata la terza area di consumo con il terzo maggiore impatto sull’uso di acqua e suolo e la quinta in termini di utilizzo di materie prime ed emissioni di gas serra.

Come mostra bene questo grafico, la produzione di capi di abbigliamento è quella che produce maggior valore aggiunto: a fronte del 9% in termini di volumi di produzione di tessile, rappresenta il 38% del fatturato.

ETC/CE Report 2/2022: Textiles and the Environment – The role of design in Europe’s circular economy 

Nel 2020 nell’UE-27 sono state prodotte 6,9 ​​milioni di tonnellate di prodotti tessili finiti. Oltre ai prodotti finiti, l’UE produce prodotti intermedi per i tessili, come fibre, filati e tessuti.

Il settore tessile è ad alta intensità di manodopera rispetto ad altri. Quasi 13 milioni di lavoratori a tempo pieno sono stati impiegati in tutto il mondo nella catena di approvvigionamento per produrre la quantità di abbigliamento, prodotti tessili e calzature consumata nell’UE-27 nel 2020. Ciò rende il settore tessile il terzo datore di lavoro al mondo, dopo cibo e turismo.

Gli europei e il consumo di tessile

Le famiglie europee consumano grandi quantità di prodotti tessili. Nel 2019, come nel 2018, gli europei hanno speso in media 600 euro in abbigliamento, 150 euro in calzature e 70 euro in tessili per la casa .

Quando si calcola il “consumo stimato” sulla base dei dati di produzione e del commercio dal 2020 si escludono i tessuti industriali, quelli tecnici e i tappeti. Come detto sopra, il consumo totale di tessuti è di 15 kg per persona all’anno, composto in media che equivale a un consumo totale di 6,6 milioni di tonnellate di prodotti tessili in Europa.

 Il tessile e le materie prime

Per la produzione tessile vengono utilizzate grandi quantità di materie prime, come dimostra lo studio. Per produrre tutti i capi di abbigliamento, calzature e tessili per la casa acquistati dalle famiglie dell’UE nel 2020, sono state utilizzate circa 175 milioni di tonnellate di materie prime primarie, pari a 391 kg a persona. Circa il 40% è attribuibile ai vestiti, il 30% ai tessili per la casa e il 30% alle calzature. Ciò classifica i tessili come la quinta categoria di consumo più alta in Europa in termini di utilizzo di materie prime.

Le materie prime utilizzate comprendono tutti i tipi di materiali utilizzati nella produzione di fibre naturali e sintetiche, anche i combustibili fossili, i prodotti chimici e i fertilizzanti. Lo studio comprende anche tutti i materiali da costruzione, minerali e metalli utilizzati nella costruzione di impianti di produzione. Sono inclusi anche il trasporto e la vendita al dettaglio dei prodotti tessili. Solo il 20% di queste materie prime primarie viene prodotto o estratto in Europa, mentre il resto viene estratto fuori dall’Europa. Ciò dimostra la natura globale della catena del valore dei tessili e l’elevata dipendenza del consumo europeo dalle importazioni. Ciò implica che l’80% degli impatti ambientali generati dal consumo di tessili in Europa avviene al di fuori dell’Europa.

Il consumo di acqua

La produzione e la manipolazione dei tessuti richiede grandi quantità di acqua. L’uso dell’acqua distingue tra acqua “blu” (acqua superficiale o sotterranea consumata o evaporata durante l’irrigazione, processi industriali o uso domestico) e acqua “verde” (acqua piovana immagazzinata nel suolo, tipicamente utilizzata per coltivare colture).

Per produrre tutti i capi di abbigliamento, calzature e tessili per la casa acquistati dalle famiglie dell’UE nel 2020, sono stati necessari circa 4.000 milioni di m³ di acqua blu, pari a 9 m³ a persona.

Inoltre, sono stati utilizzati circa 20.000 milioni di m³ di acqua verde, principalmente per la produzione di cotone, che ammonta a 44 m³ a persona. L’acqua blu viene utilizzata in modo abbastanza equo nella produzione di abbigliamento (40%), calzature (30%) e tessili per la casa e altri (30%). L’acqua verde viene consumata principalmente nella produzione di abbigliamento (quasi il 50%) e tessili per la casa (30%), di cui la produzione di cotone consuma di più.

Le emissioni di gas serra

Non poteva mancare un’analisi sulle emissioni di gas serra collegate alla produzione e al consumo di tessuti, in particolare legate all’estrazione di risorse, alla produzione, al lavaggio e all’essiccazione e all’incenerimento dei rifiuti. Nel 2020, la produzione di prodotti tessili consumati nell’UE ha generato emissioni di gas serra per un totale di 121 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente (CO2e), ovvero 270 kg di CO2e per persona. Di queste, il 50% è attribuibile all’abbigliamento, il 30% alla casa e altri tessili e il 20% alle calzature.

La circolarità, l’unica soluzione

Il primo approccio verso la circolarità è garantire la longevità e la durata dei prodotti tessili attraverso il design circolare. Questo percorso richiede il passaggio a modelli di business circolari che supportano un uso più lungo del prodotto e comportamenti di acquisto e stili di vita più sostenibili.

In fase di progettazione, un’attenta selezione dei materiali aumenta la longevità, la durata e la riparabilità dei tessuti. I materiali utilizzati determinano la possibilità di mantenere il prodotto in uso più a lungo e la facilità di riparazione. Diversi principi di progettazione alla base aumentano la durata e la qualità degli indumenti, inclusi i requisiti tecnici per la solidità del colore e la resistenza del tessuto e i requisiti pratici che gli indumenti siano multifunzionali e adatti allo scopo e che siano disponibili kit di riparazione e/o pezzi di ricambio.

E’ anche necessaria un’azienda politica e legislativa per supportare la longevità e la durata.: prevedere requisiti di progettazione ecocompatibile, regimi armonizzati di responsabilità estesa del produttore, strumenti economici (come tasse su determinati usi di materiali indesiderati) e supporto per processi di produzione virtuosi.

Un unico obiettivo, due tappe diverse: Slowing down the loop / close the loop

Quando si parla di riciclo tessile ci siamo ormai abituati a sentire parlare di “close the loop”, chiudere il ciclo (avete ascoltato l’episodio del podcast dedicato a “Tutto quello che dovete sapere sul riciclo tessile?). L’allungamento di vita del prodotto è invece collegato al tema dell’allungamento della vita del prodotto, “slowing down the loop”, per fare in modo che la parola “fine” arrivi il più tardi possibile nella storia di un capo. Questo tipo di approccio è anche quello che è in grado di ridurre in maniera più sensibile l’impatto ambientale di un capo, perché evita nuovi cicli produttivi oppure ritarda il processo di riciclo.

Una nuova etichetta per garantire la circolarità?

Lo studio chiude lanciando anche una proposta: e se immaginassimo di etichettare tutti i capi non solo con la composizione fibrosa ma anche con l’indicazione delle sostanze chimiche presenti all’interno del capo? Secondo lo studio, la presenza di blend di fibre e l’uso di alcune tipologie di chimici non eliminabili sono due ostacoli fondamentali alla circolarità. E’ una delle tante ipotesi in campo, che potranno prendere forma nella nuova Strategia Europea per il Tessile Sostenibile (ascoltate il podcast). Tutto sta cambiando, per andare dove resta ancora da capire.

Articolo ad alto contenuto di dati: maneggiateli con cura, non mettetevi a dare i numeri

Cover Photo by Volha Flaxeco on Unsplash

2 pensieri su “Tutti i numeri sull’impatto del consumo di tessili in Europa in nuovo studio: la circolarità è l’unica soluzione possibile

  1. Buongiorno, l’altra sera nel comune dove abito ho visto il bellissimo docufilm “Stracci” e mi è rimasta impressa una frase di un’intervista: “è importante che un abito sia riciclabile, non tanto o solo che contenga del materiale riciclato”. Visto che si parlava in particolare del riciclo della lana, materiale che sto riscoprendo con gioia, avrei una domanda al riguardo. Spesso si trova, anche in capi tecnici da montagna, la lana mescolata al poliestere. Questo materiale misto è riciclabile, almeno per la parte di lana? Grazie e complimenti per il vostro lavoro.

    1. Buongiorno Matteo
      grazie del suo interesse! La lana è un materiale da riscoprire anche in montagna! Se percentuale di sintetico è fino al 20% si può riuscire a fare un buon riciclo. Si ricordi che la lana riciclata può essere riciclata più volte: quindi se acquista una maglia di lana riciclata, può essere di nuovo rigenerata. Grazie ancora

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