Modelli di governance nei sistemi di responsabilità estesa dei produttori
DI FABIO MARSEO
Come la corporate governance influisce sull’efficacia dei regimi di Extended Producer Responsibility (EPR) in Italia: è questa la domanda che sta alla base della ricerca di tesi. Il lavoro è sviluppato confrontando da un lato il sistema CONAI–Corepla, di matrice monopolistica ma con un CdA aperto a pi`u categorie, e dall’altro il CdC RAEE–Erion Weee, strutturato in modo formalmente concorrenziale ma con una governance meno inclusiva.
Benché l’EPR vincoli i produttori a prendersi carico del fine vita dei beni, la sola imposizione normativa non garantisce risultati elevati di raccolta e riciclo se non è accompagnata da un assetto di governance adeguato. Attraverso l’esame di statuti, board e flussi finanziari, si dimostra come la distribuzione del valore all’interno della filiera — specialmente la gestione dell’eco-contributo — dipenda da chi detiene il potere decisionale “a monte” (clearing house e PRO) e da come siano bilanciati gli interessi degli stakeholder.
Nel caso Conai–Corepla, la ripartizione formale dei seggi incentiva una maggiore trasparenza e collaborazione, mentre CdC Raee–Erion Weee finisce per favorire i grandi attori, lasciando poco spazio agli operatori “a valle”. Public utilities e hybrid organizations hanno un ruolo centrale: qui sii intrecciano infatti finalità pubbliche e private. L’assenza di meccanismi partecipativi — come la pratica degli interlocking directorates — penalizza infatti l’integrazione fra raccolta e produzione, frenando l’innovazione e la simbiosi industriale. Quindi l’’EPR, per esprimere appieno il proprio potenziale nell’economia circolare, necessita di board inclusivi, regole di governance condivise e un più stretto coordinamento lungo l’intera filiera.
La necessità di board più inclusivi
L’estensione di un regime EPR non è sufficiente per garantire standard elevati di riciclo o una filiera virtuosa. Serve una solida struttura di corporate governance in grado di allineare gli interessi dei soggetti che prendono le decisioni “a monte” e di chi si trova “a valle”. Il rischio reale in cui incorre l’attuale stato delle cose `e duplice: da un lato, quello di non allocare in maniera efficiente gli eco-contributi (facendo affluire a valle della catena meno di quanto sarebbe necessario); dall’altro, quello che le esigenze degli operatori di raccolta e riciclo rimangano inascoltate. L’assenza di tali soggetti dai board rende questi dei decision taker, ponendoli in condizione di passività rispetto al processo decisionale. Questo fa sì` che nessuna voce rappresenti le loro esigenze nei contesti dove non sono determinati per statuto seggi in Assemblea e CdA.
Sebbene i testi istitutivi degli schemi EPR (clearing house, PRO) ne disciplinino la creazione e il funzionamento organizzativo, manca una visione su come tali entità debbano gestire meccanismi inclusivi di voto, composizione dei CdA, rappresentanza delle imprese più piccole e via dicendo. Senza presidi di questo tipo, emergono le distorsioni denunciate in letteratura: concentrazione del potere, conflitti d’interesse, sotto-investimenti nel riciclo e scarsa tutela della triple bottom line.
Al contrario, board più inclusivi (come in Conai–Corepla), uniti a controlli indipendenti e trasparenti, possono fare da ponte fra la parte alta e la parte bassa della filiera, dando spazio a forme di cooperazione concreta e a un’equa distribuzione del valore.
Possibili soluzioni
Dall’analisi emergono anche possibili soluzioni: potenziare gli interlocking directorates fra raccoglitori e produttori, incentivare progetti di simbiosi industriale sul territorio, e trasformare l’eco-contributo in un’opportunità di innovazione condivisa, anziché in un semplice “costo” per il consumatore finale.
L’analisi ha consentito di sfatare certe convinzioni superficiali e fornire basi teoriche a ciò che a volte sembra soltanto buon senso, rimangono però aperte diverse linee di ricerca e sperimentazione:
1. Confronto quantitativo su larga scala: ampliare l’approccio qualitativo fin qui adottato, estendendo la raccolta dati a più settori o Paesi. Ciò permetterebbe di misurare effettivamente i livelli di inclusività dei CdA e correlare tali metriche agli indicatori di performance.
2. Strumenti normativi per la governance interna: l’assenza di riferimenti su come gestire la governance nelle normative EPR evidenzia un vuoto da colmare. Sarebbe interessante proporre linee guida minime, ad esempio sulla rotazione dei membri, sulla presenza di comitati ESG e sulla rappresentanza di PMI, per poi testarle su scala regionale o nazionale. 3. Focus sulle PMI e soluzioni di rete: il settore della raccolta e del riciclo è popolato da piccole e medie imprese, spesso vulnerabili e con risorse limitate. Uno studio più approfondito potrebbe mostrare se e come reti d’impresa o partnership pubblico-private possano ovviare alle scarse capitalizzazioni e potenziare la competitivit`a degli operatori a valle.
4. Misurazione d’impatto: la creazione di metriche integrate — dagli indicatori ESG all’analisi del ciclo di vita — consentirebbe di verificare gli effetti concreti di cambiamenti nella governance sui risultati ambientali e sociali. Una domanda cruciale: l’adozione di board multi-stakeholder incrementa davvero i tassi di riciclo?
5. Applicazioni a nuovi settori EPR: l’eventuale estensione dell’EPR (ad esempio nel tessile) offre l’opportunità di sperimentare diverse soluzioni di governance e di verificare se, al crescere della complessit`a del prodotto, il legislatore opti per modelli più “inclusivi” o più “competitivi”. In definitiva, la corporate governance si conferma una leva decisiva e spesso trascurata per rendere effettivi gli obiettivi posti dall’EPR, trasformandolo in un autentico vantaggio competitivo e sociale piuttosto che in un semplice adempimento formale. Ricucire la frattura tra la “parte alta” e la “parte bassa” della filiera significa realizzare il potenziale di un’economia circolare, in cui produttori, consumatori e gestori condividano l’obiettivo di una sostenibilità diffusa.
Tratto dalla tesi “Modelli di governance nei sistemi di responsabilità estesa dei produttori” – Scuola di Economia e Management Corso di Laurea Specialistica in Governo e direzione d’impresa Università di Firenze
BIOGRAFIA
Fabio Marseo è un imprenditore che si occupa della selezione degli abiti usati e gestisce l’azienda di famiglia Gemar, a Montemurlo (PO). Vanta una lunga esperienza nel settore ed è vicepresidente di Corertex, il Consorzio per il riuso ed il riciclo tessile.



